La RASD

In attesa del referendum, il cui obiettivo è di permettere al popolo Saharawi di scegliere liberamente l’integrazione al Marocco o l’indipendenza, nei campi profughi in Algeria, i circa 200.000 Saharawi hanno realizzato una delle esperienze politiche e sociali più interessanti del nostro secolo: la costruzione di uno «Stato in esilio»; la RASD Repubblica Araba Saharawi Democratica.

Per ricreare l’identificazione ed il legame con la patria di origine, i rifugiati, vengono distribuiti in 40 tendopoli, ciascuna delle quali assume il nome e le funzioni di un distretto regionale, i nomi corrispondono a quelli delle regioni della loro terra legittima.
Ogni distretto regionale, detto wilaya, è suddiviso in 6 o 7 province chiamate daire.

I Saharawi hanno voluto costruire un’organizzazione sociale dove tutti sono chiamati ad un ruolo attivo, dove sono valorizzati gli anziani e soprattutto le donne, che condividono responsabilità a tutti i livelli sociali ed amministrativi.
In questi anni i Saharawi hanno posto una notevole attenzione all’infanzia, dando la possibilità a tutti i bambini e le bambine di frequentare le scuole fino ai quattordici anni circa.
Per quanto riguarda l’istruzione superiore, i ragazzi e le ragazze sono purtroppo costretti a recarsi nei paesi esteri che si rendono disponibili ad ospitare studenti (soprattutto Cuba, Algeria, Libia).

La lingua insegnata è l’Arabo ma viene impartito anche l’insegnamento della lingua spagnola, cosa che conferma l’utilizzo positivo dell’eredità coloniale.
Anche la sanità ha un ruolo fondamentale, ma purtroppo gli scarsi mezzi a disposizione la rendono molto precaria.

Il largo margine di autonomia e di iniziativa lasciato ai Comitati di base, ha stimolato l’ingegnosità e la creatività saharawi, che si esplica in attività come il recupero e il riciclaggio di qualunque tipo di materiale e nella creazione di esperimenti agricoli.
In questo modo si evita l’instaurazione di quei meccanismi di attesa passiva, di fatalismo, smobilitazione, corruzione, così comuni nei campi profughi.

Il popolo saharawi é un popolo che soffre, che lotta sul piano politico e militare per ottenere l’indipendenza, un popolo che ha bisogno del riconoscimento di chi é disposto a darglielo.
Ma finora ha trovato considerazione solamente nell’Organizzazione per l’Unità Africana ed in alcuni paesi del terzo mondo, mentre in Europa solo la ex Jugoslavia aveva riconosciuto la RASD.

Ora più che mai questo popolo ha bisogno dell’appoggio dell’opinione pubblica internazionale, dato che da molto tempo ha cessato le azioni militari e si è dichiarato pronto ad accettare un’amministrazione internazionale composta dall’ONU e dall’OUA, chiedendo in cambio il ritiro dal territorio del Sahara Occidentale delle truppe di Mohammed VI, l’attuale re del Marocco.
Tutto questo per poter fare il tanto sospirato referendum per l’autodeterminazione del popolo Saharawi.
Essi sono rimasti l’ultimo stato colonizzato a non aver ancora potuto esercitare questo diritto.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *